Il Terzo settore e la Manovra. Pallucchi , appello al Govern0: «Su Irap e Iva, dateci un segnale»

di Paolo Foschini

La portavoce del Forum: «Non un trattamento di favore, ma almeno la parità. E più risorse». Il 28 settembre è la prima Giornata dell’Associazionismo. Nuovo Manifesto del Welfare

Il Terzo settore e la Manovra. Pallucchi , appello al Govern0: «Su Irap e Iva, dateci un segnale»

Partiamo dalle tasse, che al di là dei tecnicismi ti mettono sempre davanti a questioni chiare: «Possibile che oggi chi per statuto si occupa di servizi al prossimo sia tassato più di chi per statuto si occupa di far soldi?». Pare di sì. Ecco perché Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo settore, al Governo che sta per discutere la Legge di Bilancio chiede intanto questo: «Non un trattamento di favore, ma almeno la parità. E cioè che anche per gli Enti del terzo settore non commerciali ci sia la deducibilità Irap del costo del lavoro come avviene per le società commerciali. E poi il ripristino del regime di esclusione Iva per gli Enti di Terzo settore non commerciali. Insomma, il minimo».

In realtà la lista di allerta del Terzo settore è lunga: «La riforma Calderoli sull’autonomia differenziata delle Regioni, così com’è, farà esplodere le disuguaglianze; su anziani, disabili e povertà ci sono provvedimenti scritti sulla carta ma almeno finora senza soldi per finanziarli; manca un sostegno all’economa sociale, nonostante la sollecitazione dell’Unione europea ai Paesi membri. Ora, la prossima legge di Bilancio offre al Governo la possibilità di raddrizzare il tiro. Ed è quello che chiediamo». Un momento forte in questo senso sarà oggi, giovedì 28 settembre, con la prima Giornata dell’Associazionismo promossa a Roma dalla Consulta Aps del Forum Terzo settore in cui verrà presentato un Manifesto con gli interventi ritenuti prioritari per garantire la sopravvivenza e lo sviluppo delle associazioni.

Il tema dei rischi legati all’autonomia differenziata è stato sollevato dal Forum a più riprese, anche qui su Buone Notizie molti mesi fa. Non è cambiato niente?
«Quel testo è problematico in sé, perché di fatto allarga ulteriormente la forbice tra territori ricchi e poveri. Certo, prevede Livelli essenziali di prestazioni da garantire a tutti. Peccato non sia tuttora prevista la copertura per finanziarli. Con aggravante: il Comitato incaricato di definire quali siano tali Livelli essenziali non ha neppure inserito quelli socio-assistenziali».

Non ci sarebbero i soldi del Pnrr?
«Altra nota dolente. Perché è vero che lì di soldi ce ne sono tanti, ma andranno a sostenere la “materialità” dei progetti, non la loro gestione. Con le scarse finanze a disposizione degli enti locali, costruire strutture senza essere in grado poi di gestirle sarà un bel problema».

Quindi niente da fare?
«Al contrario. C’è la prossima Manovra da discutere. E quella, visto che il Governo dice di voler attuare l’autonomia entro il 2024, è l’occasione per dimostrare di non voler fare una riforma così importante a costo zero. Le risorse per finanziare i Lep, e in particolare i Lep sociali, devono essere inserite già nella legge di Bilancio».

Nel 2024 entrerà in vigore un pezzo della legge delega sulla disabilità, e poi c’è quella sugli anziani. Sbagliate anche loro?
«Intendiamoci, potrebbero essere grandi riforme. In particolare quella sulla disabilità e sulla non autosufficienza. Ma sono senza soldi anche quelle, e senza soldi sono architetture vuote. Il ddl sugli anziani è stato approvato, ma senza le risorse per realizzare quell’integrazione socio-sanitaria che a parole si auspica e garantire quindi autonomia, non solo assistenza».

Per i poveri c’è l’assegno di inclusione.
«Che non basta. I poveri oggi sono sei milioni. Serve una misura universale. Oggi le famiglie beneficiarie dell’assegno di inclusione sono 500mila in meno rispetto alla platea del reddito di cittadinanza».

Il Terzo settore ha qualche strumento di pressione da esercitare per ottenere quel che chiede?
«In realtà questo mi preme particolarmente. Non è che il Terzo settore “chiede” qualcosa. Il Terzo settore più che altro e soprattutto “fa”. Il nostro approccio è da sempre per costruire insieme, non per rivendicare. Per esempio, quante sono le attività che il Terzo settore realizza nei Paesi da cui partono le migrazioni, per favorire lo sviluppo locale? Quante sono quelle per i giovani a rischio abbandono scolastico, offrendo un’alternativa di vita alla criminalità? E pensiamo quante altre cose il Terzo settore potrebbe fare se ci fosse una adeguata politica di sostegno. Noi non siamo un “contraltare”, una controparte. Siamo persone con cui collaborare. In questo senso dovrebbe essere intesa la co-progettazione. Invece, di fatto, spesso ci si ricorda di noi quando è necessario un pronto soccorso nell’emergenza. Che è proprio quel che viceversa dovrebbe essere garantito dal pubblico. E siamo bravi anche lì, per carità. Ma il meglio, come sanno milioni di persone, sappiamo darlo nel quotidiano».

27 settembre 2023 (modifica il 27 settembre 2023 | 23:38)